Charlie

Charlie

Wednesday 19 August 2015

Le due repubbliche


Le due repubbliche

Una volta c'erano due repubbliche: una si chiamava Repubblica di Sempronia e l'altra Repubblica di Tizia. C'erano da tanto tempo, da secoli, ed erano sempre state confinanti.

I ragazzi di Sempronia, a scuola imparavano che la Sempronia confinava a ovest con la Tizia, e guai se non lo tenevano a mente.

I ragazzi di Tizia imparavano che la Tizia confinava ad est con la Sempronia e se non rispondevano giusto su questo punto venivano bocciati.

In tanti secoli, si capisce, la Sempronia e la Tizia avevano litigato un'infinita di volte e si erano fatte una decina di guerre a dir poco, prima con le lance, poi con le colubrine, poi con i cannoni, gli aeroplani, i carri armati, eccetera. Mica che i Semproniani e i Tiziani si odiassero. Anzi, quando c'era la pace, i Semproniani si affrettavano a visitare la Tizia e la trovavano molto bella, e i Tiziani passavano le vacanze in Sempronia, e ci si trovavano benissimo.

Però i ragazzi, a scuola, studiando la storia, ne venivano a sapere di tutti i colori sui loro vicini.
Gli scolari di Sempronia leggevano nei loro libri che le guerre erano sempre scoppiate per colpa della Tizia.

Gli scolari di Tizia leggevano nei loro libri che i Semproniani avevano più volte aggredito la loro patria.

Gli scolari di Tizia studiavano: — Nella famosa battaglia di Pensaunpò) i Semproniani furono messi vergognosamente in fuga.

Gli scolari di Sempronia recitavano: — Nella famosa battaglia di Pocodopo i Tiziani subirono una paurosa sconfitta.

Nei libri di storia di Sempronia erano elencate accuratamente le malefatte dei Tiziani.

Nei libri di storia di Tizia c'era il registro completo dei delitti dei Semproniani.

Una bella confusione, vero? Però non e colpa mia. Le cose stavano cosi, tra quelle due repubbliche, e forse anche tra altre repubbliche che adesso non mi vengono in mente.


GIANNI RODARI, IL LIBRO DEGLI ERRORI

Tuesday 18 August 2015

2 Patrie



Le Nazioni sono una profezia che si autoavvera. Per amore o per forza.
Si dice che Massimo D’Azeglio, uno dei padri del cosiddetto “Risorgimento” Italiano, abbia affermato che "Fatta l'Italia, restavano da fare gli italiani", e non aveva torto.

Questa frase rotonda e schietta dice una grande verità che D’Azeglio e i suoi contemporanei sapevano essere tale, e che noi abbiamo invece dimenticato. Proprio perché D’Azeglio è stato ascoltato, tra scuole, guerre, sport, emigrazioni, repressione del dissenso e mezzi di comunicazioni di massa, gli Italiani sono stati fatti e ADESSO esistono. Non sono un granché, però esistono.

Chissà perché a scuola ce la insegnavano? È che ormai, dopo un secolo di indottrinamento e qualche milione di morti, “essere Italiani” sembrava naturale, e la mia povera maestra pensava davvero che l’Idea di D’Azeglio fosse da interpretare come un invito ad educare “Italiani bravi e colti”, e non proprio a farli partendo da qualcosa che “italiano” non era.

Ma la storia è capace di logorare in fretta le “verità” non più adatte ai tempi nuovi, ed oggi, dopo pochi decenni, quella ingenua fiducia pare quasi fuori dal tempo.

1. Patrie



Di dove sei? Sono Italiano. Sono Cinese. Sono Turco. Se sono fortunato sono Americano. Se sono sfortunato, di qualche posto da cui si scappa per fame o per paura. “Avec papier” (Dollari, Euro e documenti) o “Sans papier” (senza soldi e senza documenti).

Non riesco a togliermi l’impressione che ci sia qualcosa di storto nella domanda, ed anche nella risposta. È che dietro alle parole, dietro anche alle idee che vogliamo dire, si vede in trasparenza una struttura di pensiero che sembra il vestito del povero Arlecchino: un mondo cucito con pezze di tutti i colori. Un mondo fatto a Nazioni.

Ma cosa saranno poi queste nazioni? Queste “patrie” in nome di cui si è tanto ucciso, il cui interesse verrebbe – nelle ideologie distorte dei nazionalisti – prima dell’interesse degli individui, e anche prima dell’interesse collettivo dell’umanità in quanto tale?

Chi ci crede, e ci deve ben credere chi è disposto ad ammazzare e a farsi ammazzare, ti guarderà sorpreso se gli fai la domanda, perché la domanda è per lui, ancora, incomprensibile. “Io sono Italiano”. O, un po’ più pieno di sé, “Io sono Inglese.” O, un po’ più spaventoso (non facciamo finta di non saperlo) “Io sono Tedesco”. Guarda le mie mani, i miei capelli, la mia faccia: mani, capelli e faccia da Italiano, Inglese o Tedesco.

Forse qualcuno ne dubita, ma sono le briciole ai margini di quest’arlecchinata: quei pochi milioni che vivono vicino ai confini che si sono spostati da pochi anni e che ricordano bene: io adesso sono Croato, ma prima ero Jugoslavo. E, ora come allora, guai a non dirlo con orgoglio e senza esitazione.


In realtà… vorrei dirvi la mia verità: è tutta una menzogna. Siete tutti dei senzapatria. Siete tutti degli individui che cercate di farvi caldo stando vicini. Il guaio è che poi a volte di caldo ve ne fate fin troppo e le cose vanno a finire male.